Ho scoperto un sito che è la riprova della dipendenza digitale.
C'è una dipendenza quando c'è la consapevolezza di una irresistibilità, e Facebook per me lo era per non più di quella decina di persone che mi stimolava. No, aspetta, le conto. ... Nove e dieci. Sì, avevo istintivamente contato bene. Ecco, dicevo, non più di quelle dieci persone che mi stimolavano con pensieri paralleli, che mi introducevano a riflessioni nuove, che mi insegnavano.
C'è una dipendenza quando c'è la consapevolezza di una irresistibilità, e Facebook per me lo era per non più di quella decina di persone che mi stimolava. No, aspetta, le conto. ... Nove e dieci. Sì, avevo istintivamente contato bene. Ecco, dicevo, non più di quelle dieci persone che mi stimolavano con pensieri paralleli, che mi introducevano a riflessioni nuove, che mi insegnavano.
Sono andato via diverse volte da Facebook (tre, forse quattro), ma stavolta c'è dietro una specie di messaggio insito nell'abbandono, perché sul mio profilo, in questo momento e per 99 giorni, c'è un link che porta a questo conto alla rovescia. Il messaggio è qualcosa che vedrà solo chi rimane, perché l'account è ancora attivo, ho solo fatto logout. È una promessa. È la Alcolisti Anonimi del digitale.
C'è differenza tra andarsene alla chetichella, come ho già fatto, e lasciare un messaggio che dice della mia debolezza ma che parla anche di quella degli altri. E che sia una debolezza l'ho deciso io, ora.
Avrei potuto oscurare gli aggiornamenti delle gattare, degli adoratori dei meme, del nulla cosmico. E lo avevo già fatto in parte, senza perdere quelle amicizie fru fru che però potevo andare a trovare scientemente, per aggiornarmi sulle loro cose, ogni tanto. Ma ho preferito così. Ho scelto di sfidare la compulsione del "vediamo che si dice", perché ci stiamo accentrando sempre di più; ci stanno spingendo nel tritacarne e noi giù a fare il trenino gorgheggiando il pe-pe-peppeppepé.
Oggi ho pensato che forse dovrei farlo anche io, e non solo con Facebook. Sto saturando la mia capacità di filtrare il buono che cerco sul web (e trovo, anche) dalla melma; soprattutto mi sto accorgendo che la sopportazione anche di opinioni di contatti amichevoli, di persone che conosco (magari non amici stretti, ecco) va diminuendo, mi ritrovo a essere in disaccordo con un sacco di opinioni che giornalmente incrocio - e alcune mi fanno stare male.
RispondiEliminaPer varie ragioni non potrò staccarmi del tutto (ad esempio su Facebook curo un gruppo e lì se serve ci sarò sempre), certi siti li terrei d'occhio lo stesso tramite feedly, ma potrei evitare ad esempio di leggere i commenti.
Ecco, vorrei staccarmi per un po' dal lato social della rete, leggere meno articoli, bandire le discussioni; disintossicarmi un po'. Non faccio promesse, non saranno magari 99 giorni, certo è che sono stufa di essere delusa o irritata da quello che leggo.
Se mi decido scriverò un post sul mio blog, dove peraltro continuerei a mettere i disegni che sto facendo in questo periodo.
Tu Sergio come stai andando senza Facebook?
Sta andando benissimo e capisco a cosa ti riferisci quando parli di "sopportazione" e di "evitamento dei commenti". So che hai letto il mio pezzo su Medium circa l'impossibilità di evitare certi incontri in internet, be', prendo come esempio il prosieguo di quel commento al trailer su youtube:
EliminaX: ""Ma è come se c'ero venuta..."
O_O
Ci fossi venuta!
Ma chi le ha scritte le battute? Ahahhaah"
Io: "Sacre divinità... è un dialogo idiomatico. Eddai!"
X: "E' un film indecente. Canzone del fascismo. Fa vedere il peggio della Sardegna anche se non siamo così. Orrendo. A dir poco da censura"
Io: "Non l'ho visto e non faccio fatica a fidarmi di te, ma è chiaro che l'errore nel dialogo è voluto. Mi riferivo solo a quello."
Capisci? Cosa c'entra la "canzone del fascismo" con il mio desiderio di focalizzare il commento sulla scelta dello sceneggiatore di caratterizzare un personaggio con una sgrammaticatura che ci stava benissimo e si capiva che era voluta?
È tutta una perdita di tempo. Io parlo di patate e quello mi risponde a cipolle. Non se ne esce, e così per migliaia e migliaia di caratteri anche nei quotidiani online dove difficilmente se ne esce arricchiti, tanto che ho preso a leggere La Stampa anche perché i commenti non sono previsti: mi restituisce un senso di tranquillità.
Sto usando la rete per aumentare le conoscenze e il tempo che avrei speso per Facebook l'ho impiegato per esempio per stabilire quale violino fosse il migliore nell'interpretazione del Concerto n.1 di Max Bruch. Questioni di gusti, diranno alcuni; certo, risponderei io, ma tra cercarsi volontariamente le informazioni per poi espanderle da un punto di partenza e trovarne qualcuna per caso caso tra un monte di immondizie, preferisco mille volte la prima possibilità.
Sento la mancanza di quelle tredici persone, ma l'idea di rivedere "il sito bianco e blu" mi atterrisce. Provo una sorta di nausea asintomatica. Il problema è che la massa ha scelto per noi: è tutta lì. E il volerne stare fuori, alla lunga finirà (con modalità diverse) come per L'Unità che non ha saputo annusare il cambiamento dell'informazione.