venerdì 27 gennaio 2012

Tu, aspirante scrittore (consigli non richiesti e una strizzata d'occhio al self-publishing)



La lingua


Internet è un porto di mare.
Scarico e carico merci, compravendite, bettole, risse, mozzi, ricchi viaggiatori, panfili, barcacce.
C'è di tutto, e s'incrociano tante lingue.
Internet ha fatto sì che questi canali di comunicazione si sovrapponessero in un solo istante trasformandoli in un vociare miscellaneo.
La lingua è il frutto dell'evoluzione di una civiltà. È giusto considerare la scuola siciliana di Federico II da cui ha iniziato a germogliare la lingua della nostra penisola, ma è anche fondamentale osservare come il volgare ci abbia consegnato l'italiano che conosciamo.
Internet, che è il più grande acceleratore sociale di tutti i tempi, ha solo modificato la velocità con quale evolve la lingua confinando in un tempo ridotto un mare di impulsi lessicali.
La lotta contro le "k" che sostituiscono il "ch", per esempio, è fine a se stessa. Se l'onda evolutiva sarà così alta e potente da frangersi sulla riva travolgendo i palazzi degli accademici azzimati, questi saranno spazzati via. La mia non è una difesa delle "k, ma è la lucida constatazione di una civiltà che modifica il proprio modo di scrivere. Il concetto che voglio sottolineare con forza è che non è possibile proporre un metodo di scrittura senza che questo sia stato assorbito dalla comunità che fa parte della lingua che si sta modificando. Non è possibile decidere di sostituire improvvisamente la parola "gioco" con "joco", o "scheggia" con "skejja"; non senza che questi cambiamenti siano stati percepiti dagli utilizzatori della lingua.
L'estrema libertà concessa da internet ha prodotto una boria altrettanto emancipata secondo la quale "io sono, quindi scrivo", senza curarsi di come si sta veicolando il messaggio.
La comunicazione ha degli elementi che sono imprescindibili da qualsiasi esperienza evolutiva, e sono: l'emittente, il ricevente, Il messaggio, il referente, il codice e il canale.
Fatto salvo che tutti questi elementi, per poter avere una comunicazione ottimale, debbano essere ben distinguibili, il codice è il componente più delicato.
Ha bisogno di regole; di istruzioni per poter essere codificato e decodificato.
Il codice dello scrittore è la scrittura.
Che scriva per diletto o per soldi, se vuole raggiungere un pubblico che non sia egli stesso, lo scrittore deve mettersi in testa che per dire quello che vuole e quando vuole deve rispettare dei codici di comunicazione generalmente riconosciuti.
Nel momento in cui il testo lascia il cassetto di una scrivania per essere dato in pasto a un lettore esterno, bisogna essere certi che sia ben codificato, quindi: scritto per un pubblico che possa capirlo.
Non sto affermando di imbrigliare le scelte artistiche di un autore nel nome dell'asservimento a un cliché, sto dicendo che un aspirante scrittore per prima cosa deve smettere di avere la puzza sotto il naso.



La superbia


Per esperienza diretta, otto aspiranti scrittori su dieci sono superbi. È un valore statistico attendibile.
Dando per scontato che la critica sia costruttiva e che non contenga offese, gli aspiranti scrittori masticano amaro quando qualcuno fa notare loro che il testo prodotto non è granché. Si profondono in ringraziamenti perché "comunque la critica aiuta a migliorarsi" ma, dentro, il livore c'è. Tutti gli scrittori, non solo gli aspiranti, sono innamorati di quello che scrivono; e anche un lavoro che sanno essere riuscito male, ha sempre una difesa d'ufficio più o meno velata.
È giusto. Bisogna credere in quello che si fa, ma come diceva qualcuno prima di me: est modus in rebusc'è una giusta misura nella cose.
La saccenteria è accelerata da internet in cui la facile possibilità di proporsi fa sì che debba anche essere facile scrivere.
Il mezzo non sempre fa il pilota.



Il talento e la tecnica


Se tratteggio una casetta su un foglio compio la stessa azione di Giotto: disegno. Con una bella differenza, però.
Molti aspiranti scrittori sono convinti che l'avere terminato le scuole dell'obbligo consegni loro la patente di narratore, saltando a piè pari quello che invece appare scontato per le altre arti: lo studio.
Non si capisce perché se per poter suonare un violino sono necessari anni d'impegno, per scrivere narrativa è sufficiente avere un computer portatile.
Talento e tecnica.
Parlando ancora per esempi, l'atleta giamaicano Usain Bolt ha ricevuto dalla natura doti immense e particolari, ma per poter correre i cento metri piani in nove secondi e cinquantotto centesimi ha sostenuto allenamenti, diete e preparazioni fisioterapiche. Per poter essere un atleta professionista, dedica parte della vita a migliorare le proprie capacità naturali.
Per uno scrittore non cambia nulla.
L'aspirante deve sorridere ricordando l'otto che prendeva al tema d'Italiano e usarlo come base di partenza, non come punto di arrivo.



Perché "aspirante" e non "esordiente"?


Questa risposta è semplice.
Lo scrittore appena nato, cioè quello che si accorge di avere del talento e si ingegna per affinarlo, aspira a diventare qualcosa di più, ma non ha ancora prodotto niente o, se ha pubblicato qualcosa, la sua presenza nel mondo editoriale è confinata a qualche antologia o a qualche premio letterario.
Lo scrittore esordiente è chi ha già alle spalle almeno una pubblicazione importante anche con una casa editrice media, cioè chi comincia a far drizzare le orecchie degli editori e dei lettori.
Se qualcuno, leggendo queste ultime parti, volesse tornare al concetto dello scrivere per diletto per difenderne la natura artistica, non potrei che rimandarlo alla prima parte di questo scritto che mi preme ripetere: tu, aspirante scrittore, non devi per forza vendere il tuo stile al marketing editoriale ma devi sapere che lì fuori c'è un pubblico, (a parte i parenti e gli amici: rifuggi da essi!) che deve capirti, che deve assimilare quello che scrivi. C'è tempo per la superbia, e forse più avanti è anche necessaria.
Adesso, serve umiltà.

5 commenti:

  1. Come darti torto, caro Sergio. La curva qualitativa del tuo lavoro di narratore dimostra quanto la serietà e la lucidità diano eccellenti risultati.

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  2. Grazie, Fà.
    Credo profondamente nell'umiltà, che è davvero un valore quando è riconosciuta da tutti, altrimenti è scambiata per inerzia. L'umiltà permette anche di trasformare, col tempo, le proprie parole in esperienza e non in boria.
    Io dispenso consigli sapendo di avere ancora tanto da fare. Tantissimo. Ma non posso fare a meno di condividere quello che già so e che può aiutare gli altri, così come ha aiutato me.

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  3. Concordo pienamente... eccezion fatta per la definizione di esordiente: io mi considero infatti 'esordiente' (colui che esordisce, che fa una prima apparizione, nel mio caso sul web) ma non 'emergente' al momento... 'aspirante' sembra invece che uno, appunto, aspiri ad essere uno scrittore mentre chi scrive, per quanto male possa farlo, è automaticamente uno scrittore secondo me. Come chi guida un'auto è un guidatore anche se, magari, non un pilota.
    Nel mio caso le case editrici hanno drizzato le orecchie ma le ho rifiutate, perché credo che ci sia troppo marcio nel mondo dell'editoria. Tu, Sergio, come la pensi su questo? Approfitterei dei tuoi consigli, se me lo concedi...

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    1. Tutto quello che di piccolo (ma di importante, in alcuni casi) ho avuto dalle case editrici mi è arrivato perché ho solo scritto, spesso studiato. Non ho mai (lo riscrivo maiuscolo), MAI avuto connivenze, appoggi, raccomandazioni, spinte, occhiolini, scambi di favori (mi fu chiesto una volta sola da un autore: uno scambio di recensioni positive che rifiutai). Tuttora sto lavorando a una cosa perché sono stato cercato.
      Questa realtà di fatto mi dà una grande speranza nelle possibilità italiane dello scrivere. È l'evidenza che non tutto è marcio nella nostra nazione, almeno non ai livelli da me raggiunti.
      Che l'editoria stia soffrendo una certa mancanza culturale di fondo nella popolazione italiana è ormai risaputo, tanto che comincia ad avere un po' il sapore della banalità. Quando non si sa bene cosa rispondere si dice che "non si investe abbastanza nella cultura". Ed è una verità, ma sembra una risposta vaporosa. Non è una soluzione, solo parole dette così, perché non si sa bene cosa fare.
      Ricordo un vecchio editoriale di una rivista molto famosa di Hi-Fi, ormai seppellita dalla crisi del settore, in cui si criticavano le offerte volantino dei prodotti audio-video. Erano così numerose e ravvicinate che tutti gli acquisti erano fagocitati dai prezzi scontati e solo pochissimi appassionati spendevano i loro risparmi in prodotti nuovi. Sapendo che presto quegli stessi articoli sarebbero stati oggetti di altrettante offerte, la maggior parte degli acquirenti aspettava, ma l'industria audio-video non riusciva a ritornare degli investimenti sulle nuove ricerche vendendo solo prodotti vecchi. Era (è?) diventato un cane che ingoiava la sua stessa coda. Per vendere dovevi scontare la roba vecchia, ma non avevi più i ricavi per investire in quella nuova.
      Il mercato era stato drogato. Era in un vicolo cieco sempre più buio.
      La grande editoria (ma è più ce altro un'impressione) pare si stia avvantaggiando di tutti coloro che vogliono fare gli scrittori. Gli editori hanno un monte di potenziali scrittori impressionante; così numeroso che ormai gli anticipi sui contratti sono una chimera. Tanto non c'è nessuno che fa storie, o meglio, lo scrittore disposto a tutto e bravino prima o poi lo si trova in un monte così alto. Tanto che questa politica riescono ad applicarla anche agli scrittori un po' più famosi. È un po' come la faccenda degli 800 euro per 8 ore di lavoro. Se tu rifiuti, là fuori l'imprenditore lo trova un altro disperato che li accetterà. Ma così si abbassa la dignità e la qualità del lavoro. Lo stesso per la scrittura: quindi anche per coloro che lavorano con la scrittura (editor e copyeditor, per esempio) e quindi, per osmosi, anche per i lettori, che riceveranno libri con sempre più refusi, molto uguali, molto basici, con il prezzo che fungerà da biglietto da visita (la questione degli 0,99 euro, per esempio?) che però diventeranno lo standard per quei lettori. Il senso critico si abbasserà e gli editori potranno fare di più con ancora meno rispetto allo step precedente.
      Ma è un altro cane che si morde la coda.

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    2. Io ho rifiutato molte proposte editoriali proprio perché le CE voglio, come dici tu, avvantaggiarsi (sfruttare, direi io) di chi vuole portare avanti un sogno. Però vedo che le soddisfazioni arrivano anche prima di pubblicare, se ti metti d'impegno... alcune persone iniziano a riconoscermi per strada, molti leggono il mio blog dove scrivo articoli sullo Scrivere, molti leggono con soddisfazione i racconti brevi che metto on-line per presentarmi, ho anche ricevuto un invito per partecipare ad una festa medievale per presentare i miei lavori... però bisogna faticare parecchio. Il lato positivo è che ovunque tu possa arrivare da solo, l'avrai fatto senza scendere a compromessi e senza ledere mai i tuoi princìpi. Gli editori, emerge quindi dal nostro dialogo, sono assolutamente da evitare! Anche se mi rendo conto che c'era una certa difesa da parte tua, nel tuo commento, verso l'ambiente editoriale...
      In fondo, quanti di noi devono scrivere per mangiare? Lavoriamo, no? Quindi non c'è bisogno di abbassarsi come nell'esempio degli 800 euro per 8 ore... possiamo dire "allora non pubblico, la mia arte merita più rispetto di quello che mi danno le CE"... e non si abbasserebbe la dignità del nostro scrivere né la qualità dei nostri lavori, ti pare? Se gli editor lavorassero per gli autori, chiaramente venendo pagati, e gli autori così facessero concorrenza alle CE con il self, guadagnando con la vendita, allora risulterebbe che le case editrici avrebbero meno prodotti e quei pochi sempre più scadenti... tutti falliti, tutti a lavorare, senza più sfruttare gli artisti! E l'arte in sé ne avrebbe un giovamento.
      Va beh, questo è un sogno... ma lasciami sognare, dai!
      Questione diversa è quella dello scambio di favori. Io personalmente detesto gli scambi, se voglio consigliare un mio collega lo faccio senza volere niente in cambio e vedo anche altri che fanno le stesse cose... che dire delle gare, dei concorsi, dei reality addirittura!?!? Noi che non siamo nessuno dovremmo schierarci l'uno con l'altro, fare testuggine contro questo mondo editoriale così chiuso, non combattere gli uni contro gli altri... ma è una mia idea, non molto condivisa pare.
      Forse sono andato un po' fuori tema rispetto all'argomento, ti chiedo scusa, ma il tuo articolo ed il tuo commento mi hanno stimolato... cosa che non accade spesso: ormai scrivono tutti e scrivono di tutto, ma per la maggior parte si tratta di spazzatura, difficile lasciarsi prendere da una lettura e, men che mai, da un dialogo.

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