giovedì 28 marzo 2013

L'imbuto digitale dei fratelli Facebook e Graph Search

(Licenza CC0)


Leggo l'articolo di Wired sul motore di ricerca di Facebook: Graph Search.
Se non sai di cosa sto parlando, ti faccio un breve riassunto. Zuckerberg si è accorto di avere una montagna di dati inutilizzabile dai propri iscritti. L'attuale ricerca tra gli amici è poco più che un eufemismo. Diverso sarebbe sapere quali sono i contatti che hanno ascoltato tutti i brani di Bieber al fine di prendere le dovute misure. Seguendo una legge non scritta di internet che impone a chiunque sia in possesso di un impero digitale di convogliare il maggior numero di utenti in attesa di fare cassa, Zuckerberg ha creato anche Graph Search.

Dicevo, sto leggendo l'articolo di Wired quando uno spavento arriva in silenzio. Lo spavento silenzioso è come quello che si prova quando senti il motore dello scooter della postina spegnersi davanti al tuo cancelletto e tu non stai aspettando alcun pacco, quindi o è una multa  della municipale o è l'Agenzia delle Entrate. Dunque non è nulla di certo o immediato, è solo sotteso e di solito lo spavento arriva molto dopo la sensazione.
Lo spavento silenzioso l'ho sentito quando ho letto questa parte dell'articolo:
Graph Search funziona tanto meglio quanto più le richieste sono specifiche e complesse[...] Se digitate "New York", è possibile che vi chieda se volete trovare "amici di New York" o "cose di New York piaciute agli amici". Più complicata è la chiave, più precisa è la risposta. Digitate "quali ristoranti di San Francisco sono frequentati dai miei amici a cui piace la serie Homeland?" e probabilmente otterrete un risultato valido.
Lo spavento silenzioso è continuato con quest'altra parte:
[...]per esempio un promotore di concerti può limitare i messaggi pubblicitari ai residenti di Iowa City sotto i trent'anni a cui piace la musica bluegrass.
Cosa fa, quindi, Graph Search? Incunea le amicizie come bovini condotti al macello.
Mi sono spinto avanti, immaginando un mondo in cui i petabyte di dati personali siano strizzabili da chiunque voglia spremerne un succo filtratissimo. All'apparenza non c'è nulla di male, solo che in questo modo i contatti tra le persone saranno sempre più circoscritti all'espressione del sé.
Cercherò solo individui che mi somigliano nei gusti musicali, nelle serie tv, nella cucina e perderò quello che da sempre, nell'homo sapiens, è l'equivalente dell'evoluzione animale: il confronto delle idee.
Ti starai chiedendo perché dico che poter filtrare una ricerca così dettagliata debba essere per forza un obbligo, invece che un'opportunità. Lo dico perché l'uomo è per natura portato alla ricerca di idee simili, di pensieri sovrapponibili ai propri, ma nel suo percorso può imbattersi in concetti lontani anni luce dal suo intento iniziale e trovarli piacevoli, e farli suoi. È in questo modo che l'uomo ha srotolato nei millenni la sua evoluzione mentale.
Ti faccio tornare alla parte dell'articolo in cui il promotore di concerti veicola il messaggio ai residenti di Iowa City sotto i trent'anni amanti del bluegrass. Facciamo che io sia un agente di commercio di quarant'anni non residente a Iowa City e che dopo l'incontro di lavoro abbia la sera libera per gustarmi le attrazioni cittadine. Restando nell'esempio di vita digitale, mettiamo che io consulti la rete per sapere che eventi musicali siano in programma. Il concerto bluegrass mi passerà invisibile a dieci palmi dalla testa. Facciamo anche che io a quarant'anni abbia ascoltato tutti gli album di Bieber ma non sappia assolutamente niente del bluegrass. Ecco che ho perso un'occasione di imbattermi in qualcosa di nuovo non avendo la volontà di farlo.
La ricerca filtrata per interessi è la morte della serendipità, e può funzionare solo all'interno della struttura di un mondo vecchio, perché più si andrà avanti a filtrare meno si conoscerà, e diventeremo alberi digitali con poche radici per apprendere e pochi rami per distribuire quel poco che avremo appreso.


5 commenti:

  1. Vero, questo modo estremo di "andare incontro" ai gusti di chi fa ricerche su internet presenta un grosso pericolo: pensiamo anche a determinate categorie di persone interessate a un modo di vedere complottistico-paranoico che si ritroveranno nei risultati link a post che ripropongono la stessa visione, senza mai poter arrivare (magari per caso) a leggere qualcosa di diverso.
    D'altronde io stessa mi accorgo di avere la tendenza a cercare cose che parlino di ciò che già mi interessa, all'incirca; così come nella realtà è raro che faccia amicizia o abbia discussioni con chi la pensa in maniera molto diversa da me. Ma mentre nella realtà spesso c'è l'esigenza di non arrivare a scontri e litigi (oggi purtroppo invece di discutere si va a finire nella declamazione e nella propaganda) su internet non c'è questo pericolo: qualche volta mi è capitato di finire col leggere cose inaspettate, nuove, interessanti, ma è vero che più tempo passa meno succede, e come dici tu le prospettive non sono rassicuranti.

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    1. Hai esteso la mia riflessione. Esatto.
      Internet com'è adesso però è ancora salva, perché è vero che si cercano le cose che piacciono, ma nei blog, nei social, nei forum, nei giornali c'è sempre un grado di "serendipità" della ricerca molto elevato. Nel tuo blog, per esempio, ho scoperto tante cose apparentemente circoscritte al fumetto che però possiedono una dimensione personale e di cui non avevo mai sentito parlare. Non è tanto la bontà del tuo blog (che pure è elevata) a fare la differenza, quanto la profondità della ricerca. In futuro, più s'imposteranno parametri e meno visione laterale si avrà.
      Oppure facciamo il gioco del teletrasporto. Mi sposto da un punto a un altro senza viaggiare. Ottimo. È quello che cercavo. Però ho perso la ricchezza del viaggio. E questo sta già succedendo con la digitalizzazione dei contenuti. Utile, utilissima. Però muoiono le librerie e la mancata passeggiata fino alla libreria m'impedisce anche di fermarmi al bar e fare due chiacchiere con una donna che non avrei mai incontrato se avessi scaricato il libro sul Kindle.
      C'è un rapporto diretto tra velocità (e risparmio) e perdita della fisicità del mondo in cui l'essere umano si è sviluppato.
      :)

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    2. Sì, questa cosa del diminuire della socialità è un altro problema che va analizzato in tutti gli aspetti: per chi come me non ha mai socializzato tanto nella vita reale (le mie gite nelle librerie sono state sempre piuttosto solitarie) la lettura digitale anzi ha permesso una specie di nuova possibilità di trovare persone con cui scambiare pareri sui libri o gli scrittori preferiti. L'importante secondo me è saper bilanciare la vita vera con quella virtuale - non facile, lo ammetto.
      A proposito, cosa ne pensi dell'acquisizione di Goodreader da parte di Amazon? Devo dire che io lo uso pochissimo, i miei libri sono tutti su aNobii e ho visto che in un tentativo di importazione me ne ha lasciati fuori molti; inoltre per le ricerche su libri italiani ci sono molte mancanze (ho cercato Furore come titolo ma non l'ho trovato, ho dovuto cercarlo tramite ISBN cartaceo - mentre io l'ho comprato in ebook).

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    3. Amazon si comprerà il mondo, tra un po'; aiutata anche da grimaldelli fiscali come la fatturazione in Lussemburgo al 15%, mi pare (ma è un dato che ho pescato dalla memoria e potrebbe essere sbagliato).
      Goodreads per me è solo uno scaffale digitale. Lo uso pochissimo per cercare nuovi titoli, però mi capita di dare un'occhiata alle letture degli altri e questo serve a espandere la circonferenza del sapere indiretto, come dicevamo più su.
      Quando avrò un Kindle (perché ora ho un Sony), forse mi sarà utile per coordinare meglio le letture evitando di perdere tempo nell'aggiornamento manuale dello scaffale. Mi è del tutto indifferente la socialità in corso di lettura. Non m'interessa condividere niente, in quel caso. L'atto del leggere per me è un fatto privato, poi ci si possono passare le sere a parlare di un libro; ma nel mentre ci sono solo io, la carta o il display e nient'altro.

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  2. Anche io non amo le attività social durante la lettura, non ho attivato nessun link con i vari Twitter e Facebook; diverso è il discorso sul parlare delle letture fatte (o in corso) in posti come i blog, o aNobii, o Goodreader: leggere le recensioni ad esempio oltre a farmi divertire mi permette talvolta di scoprire libri che forse non avrei mai letto.

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