giovedì 6 marzo 2014

Uno strato di eleganza tra la lingua e il palato

@ Davide Lorenzon

Conoscevo una donna che se chiudevo gli occhi e ne ascoltavo la voce il paradiso era un po' meno lontano.
Quella voce era fatta di nuvole dipinte, non di quelle vere, che immagino siano umide e gelate; oppure era come quelle che si vedono da terra, a fine marzo, in Emilia, stando distesi sui prati. Ce n'è una, in particolare, che arriva da nord, e lo so che non ci credi, ma è sempre la stessa. Succede perché le persone non guardano più il cielo e non si accorgono di ciò che gira e ritorna. Questa nuvola è bellissima, riccioluta in cima, piatta e aranciata alla base. Ed è grande, grandissima.
Quando parlava quella donna, io li tenevo proprio strizzati gli occhi: così forte che mi accorgevo che le palpebre possono avere dei muscoli; perché se li riaprivo vedevo il contenitore della voce, ed era della dimensione della nuvola marzolina, ma la leggerezza, quella no.
E se fossi costretto a rovistare nel canestro del politicamente corretto so che dovrei essere un po' più morbido sulle questioni di ciccia, ma spesso l'equilibrio se ne sta a guardare quando si incontrano due estremi così marcati che fanno a cazzotti.
Quindi io chiudevo gli occhi e mi prendevo solo la voce. E immaginavo che la gola da cui usciva quella tonalità così setosa, quasi ci fosse uno strato di eleganza tra la lingua e il palato, fosse la stessa da cui entrava ogni sorta di cibo confezionato e con le etichette scritte in dieci lingue. Perché quando spizzavo uno sguardo, glielo vedevo fare.
Non so se la bellezza possa uscire da un rimescolamento intestinale di cose disgustose, cioè sì, io l'ho saputo. Quindi, se stiamo scorreggiando il nostro presente è possibile che il nostro futuro sia splendido, così come ho cercato di dire scrivendo il vizio della Gola (clic) per Cartaresistente.





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