domenica 24 novembre 2013

Avrei voluto fare il pittore

©Gipi, pag. 106

Poi arrivi a un punto della storia e ci giri intorno, cincischi da un'altra parte, torni su, togli qualche aggettivo, guardi male un possessivo, togli una metafora che ci stava come il reggiano sugli spaghetti con le vongole. Tutto per non affrontare quel punto della storia, che vorresti lo scrivesse un altro, ma qualcuno deve pur farlo, e se non lo fai tu non lo fa nessuno.
Un po' come dice Gipi qui (clic), anzi, senza po'.
Allora mi scende addosso quell'idea che mi porto dietro da quando ho finito le medie, anche se il liceo artistico era lontano centotrentasette chilometri e i miei non mi ci avrebbero mai mandato. Nessun genitore ce lo avrebbe mai mandato il figlio tredicenne a studiare a centotrentasette chilometri di distanza. Quell'idea, allora, mi scende addosso mentre scrivo, e capisco che alla fine dipingere è la stessa cosa – anche se a farlo con le parole non ci si sporca ma la fatica ha un sudore simile –, perché anche Gipi quella parete di roccia e bosco non vuole affrontarla adesso; lo farà. Poi l'ha fatto.
Anch'io ce l'ho fatta, ma c'è sempre qualcosa di importante che rimane indietro. Tipo questa:


2 commenti:

  1. Unastoria l'ho iniziato ma sto aspettando il momento tranquillo per continuarlo, non voglio leggerlo quando sono stanca o distratta.
    Adesso però sono curiosa, qual'è la tua parete di roccia e bosco? Cos'è che non ha ancora un titolo?

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    1. La mia parte di roccia e bosco era un un pezzo di storia che stavo scrivendo e che poi ho finito, ma che per adesso resta senza titolo. Quindi un'altro pezzo di roccia e bosco da finire, ma che non mi è mai apparso troppo difficile. Dare i titoli, mi piace. La storia (forse) uscirà tra un po'.
      La parte di roccia e bosco nel vivere di tutti i giorni invece, be', ce l'abbiamo tutti. Ci giriamo attorno, ma sappiamo che sarà da affrontare, prima o poi.

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