martedì 19 febbraio 2013

L'eteroscrittore




Ho sempre sostenuto che uno scrittore dev'essere un letterato o un uomo di mondo; perché se non ha confidenza con la grammatica e la letteratura deve averla con ciò che ha sotto i piedi e sopra la testa.
Io sono un empatico. Uso la scrittura per manifestare la mia immedesimazione. Non ho idea di cosa voglia dire, ma può essere un modo per non dirmi scrittore; e la cosa mi rende felice.
Ho narrato fantascienza, steampunk, horror, fantasy, erotismo, mainstream, literary fiction, rosa, più un miscuglio di tutte queste cose messe insieme e tra un po' uscirà un mio racconto thriller-noir all'interno del Giallo Mondadori nel quale parlo di botte, amore e morte.
Uno scrittore può mai continuare così e sopravvivere artisticamente?
Se sei un lettore, quindi una specie italiana (s)protetta, prova a immaginarti mentre apprendi della nuova uscita del tuo scrittore preferito. Scommetto che, oltre a un nome, hai in mente uno stile e un genere; e se si tratta di uno scrittore che non può essere catturato in una categoria, hai comunque un'idea che poggia sulla base delle sue opere passate.
Uno scrittore che invece passa da un genere all'altro, quale aspettativa può creare?
È così sbagliato saltare di penna in frasca?
Immagina ancora. Andresti a vedere un film d'amore di Joss Whedon sapendo che viene da The Avengers e che sta lavorando a un documentario sulla vita politica degli iapigi?
È possibile salvare l'eclettismo e l'interesse per lo stesso?
Sebbene gli amanti del selfpublishing non saranno d'accordo, uno scrittore non è il catalogo di un editore che può permettersi di creare recinti funzionali usando le collane; e dev'essere in grado di farsi identificare anche perché abita in un mondo sempre più categorizzato.
Quindi, io che sono eteroscrittore e che provo un libertino piacere nell'esserlo, posso vivere in un pianeta narrativo così format(o)?


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