Ho scoperto Davide Longo attraverso un'amica piemontese su Facebook: insegnante di inglese in Italia e ora insegnante di italiano in Texas.
La combinazione che mi ha permesso di avere L'uomo verticale sul comodino è quindi inconsueta: è l'illogicità della condivisione sociale della rete; quella a cui puoi dare un senso solo quando hai l'oggetto dell'incontro tra le mani.
Per lo stesso motivo il riferimento al libro sarà solo un accenno; perché non l'ho ancora finito. Sono a poco più della metà. Non m'interessa farne una recensione, sviscerarne i contenuti, trovarne le doppie letture.
Non m'interessa davvero finirlo prima di scrivere di Davide Longo, perché il mio scopo è quello di creare curiosità, di definire Longo un fine narratore, qualunque sia l'epilogo della storia che mi sta raccontando.
Non m'interessa davvero finirlo prima di scrivere di Davide Longo, perché il mio scopo è quello di creare curiosità, di definire Longo un fine narratore, qualunque sia l'epilogo della storia che mi sta raccontando.
È la bravura a uscire fuori dalle pagine che sto leggendo, ed è quella di cui voglio scrivere. Il romanzo potrà deludermi - anche se non lo credo - ma sarò certo di avere scovato una penna che sa come appoggiarsi sul foglio.
Finalmente.
E tutto questo in Italia, sussuratomi dal lontano Texas, però.
Allora, l'hai finito?
RispondiEliminaChe dice?
Ragguagliami.
No. Non lo farò; così come Davide Longo non perde pagine a raccontare il perché della indefinita barbarie italiana, ma si concentra sul cosa.
RispondiEliminaLa condizione di Leonardo, il protagonista, è solo uno spioncino da cui osservare l'anima nuda degli individui: quando i pilastri della civiltà conosciuta sono ridotti in macerie, buone solo da riciclare per qualcosa di utile alla sopravvivenza. Quella vera. Sete, fame, caldo, freddo, sonno.
Il resto è nei ricordi, poi nemmeno più in quelli.
Quando non c'è più niente si può solo iniziare daccapo.
Così come bisognerebbe fare col libro di Longo dopo averlo finito.