lunedì 20 luglio 2015

Nella luce, di Francesca Fichera #nonunarecensione

@Ksenja Laginja e LBK

Qualche settimana fa, per qualche tempo, che può essere anche un paio di giorni, dopo una brutta esperienza mi ero ripromesso di non scrivere più della morte.
Mi dicevo: «Ne ho davvero bisogno? È davvero necessario parlare della morte quando ce n'è così tanta intorno?»
Che io qualche settimana fa non fossi riuscito a darmi una risposta avrebbe dovuto dirmi pur qualcosa. Infatti, me lo ha detto; anche se l'ho sempre saputo, perché è una di quelle banalità necessarie che sbocciano come istinti, come quando finisci dentro un lago freddo dopo che si è spezzata la lastra che ti teneva su e pensi senza fiato: Ma l'acqua è gelata!
La vita e la morte formano un torciglione così stretto che si può tranquillamente dire che si muore mentre si vive e si vive credendo di essere morti, senza fare danni ai nodi della treccia. Tutto rimane bello in ordine, in modo ineluttabile, come nel racconto di Francesca Fichera, Nella luce, vincitore del Premio Short Kipple 2015.
Non esiste una dimensione minima in caratteri per poter recensire un testo, anzi, rimpiango di quando le persone riuscivano a tirare fuori lo spazio di un saggio da un testo piccolissimo, però io scelgo di non recensire questo racconto breve perché non mi va di farlo: non nel modo canonico, almeno. Anche perché il testo è allegorico, seppure concreto, e anticiparlo troppo vorrebbe dire perdersi l'incoscienza della sorpresa. Il racconto lascia tanti fili scoperti, ma è chiaro dalla quarta riga che il suo intento non è quello di fare cappucci di nastro isolante, ma di accompagnare il lettore in un viaggio visionario ma tattile verso una fine, un termine.
Ho sempre trovato curioso il modo in cui le persone identifichino automaticamente il mare come una via di salvezza in caso di pericolo. Se ci pensi, il mare è un altro termine, soprattutto quando non si hanno altri mezzi di locomozione che non siano i piedi.
Tu arrivi al mare e hai una piazza d'acqua pressoché infinita che non puoi calpestare. È un gigantesco e libero vicolo cieco, specie se alle spalle hai un pericolo concreto. Eppure il mare è una salvezza, è un luogo che fa da punto cardinale, ovunque tu sia saprai dove trovare il mare, è il faro di tutti i fari. Il mare è una sicurezza, un posto certo in un mondo in rapido cambiamento, un amico, un parente, un'intera famiglia a cui stringersi, da cui andare, e aspettare qualsiasi cosa stia arrivando contro la tua volontà.


Musica in sottofondo mentre si legge il racconto: qualsiasi di Joseph Trapanese, anche per ristabilire i rapporti di appartenenza della colonna sonora di Tron Legacy, nella quale i Daft Punk ci hanno messo solo gli unz-unz-uò-uiii e si sono fatti belli alle spalle del compositore americano.









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