Il terzo poliziotto, Flann O'Brien, Adelphi, 1992 |
Facciamo che questa non sia una recensione, perché non lo è, nei fatti. È un pensiero della notte appena trascorsa, sotto il piumone, arrivato da un ebook-reader dei primi del millennio (quando ce n'erano cinquanta o settanta in tutta Italia) speditomi dagli Stati Uniti insieme alle tasse doganali che hanno trovato una giustificazione in un boh! o forse in un mercato globale che è davvero globale solo quando si paga un corrispettivo per l'esclusiva dell'aggettivo.
Fatto sta che ieri notte ho letto questo passaggio di pagina 86 dell'ebook oggetto di questa osservazione postprandiale, e mi sono fermato per qualche minuto dopo il punto di quel né di sé né di nessun altro per riflettere sulla potenza bruta (ma controllata) che la scrittura riesce a esprimere nella descrizione di un personaggio.
L'ispettore è lì, ciccione e deluso dal suo ufficio e da se stesso, e non serve molto altro per farlo capire. Solo dirlo nella maniera giusta con i tempi calcolati dall'ampiezza di qualche metafora e dal bordo di un capoverso del quale si ha coscienza solo dopo esservi precipitati.
L'ispettore è lì, ciccione e deluso dal suo ufficio e da se stesso, e non serve molto altro per farlo capire. Solo dirlo nella maniera giusta con i tempi calcolati dall'ampiezza di qualche metafora e dal bordo di un capoverso del quale si ha coscienza solo dopo esservi precipitati.
Ecco qui:
Avevamo appena superato la soglia e subito ci fu chiaro che nella sala c’era un visitatore. Costui recava sul petto le strisce colorate degli alti gradi, ma indossava la divisa blu del poliziotto e sulla testa portava un berretto da poliziotto con un distintivo luccicante che indicava il suo grado elevato. Era un uomo grassissimo e circolare, con gambe e braccia ai minimi termini, e i suoi grossi baffi a cespuglio vibravano di collera e di ingordigia. Il Sergente gli rivolse un’occhiata sorpresa e subito dopo un saluto militare.«L’ispettore O’Corky!» disse.«Che significa la vacuità della stazione nelle ore d’ufficio?» abbaiò l’Ispettore.Il suono della sua voce era aspro come carta vetrata sfregata sopra un ruvido cartone, ed era chiaroch’egli non era soddisfatto né di sé né di nessun altro.«Ero fuori» rispose il Sergente rispettosamente «in missione d’emergenza e lavoro di polizia della più alta gravità».«Lo sapete che due ore fa, nel fossato della strada, è stato trovato un tale a nome Mathers con la pancia aperta con un coltello o altro strumento da taglio?».
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