venerdì 11 gennaio 2013

A casa di Algernon


Eccolo di nuovo, con gli occhi e la bocca che sorridono e il cipiglio che minaccia pensieri.
Mentre lo faccio accomodare, lui si sistema il farfallino con la posatezza di un'educazione classica e l'energia di chi il mondo l'ha avuto addosso. Quando fa così, sta per raccontarmi della rivendita di alcolici in Canada o di quella volta che le fiamme di New York se l'erano ormai preso. Allora lo anticipo e gli dico: «Anche quest'anno
Lui prende la tazzina di caffè che gli sto offrendo e fa sì con la testa, perché i morti non parlano. Ascoltano solo.
E quindi? Quelle volte che ti ha raccontato? ti starai chiedendo.
Be', ma non ero a casa mia. Ero a casa sua.
Spero di tornarci per la fine del mese. In questo periodo, lì a Shooter's Hill, le querce di Oxleas Wood sono nude, e ci sono i sorbi coi rami contorti come fulmini di legno nero. E anche se il paesaggio sarà così diverso da quello delle Alpi di Valais, sono sicuro che sulla piccola collina inglese gli tornerà in mente la storia di quella donna con le mani gelate e asciutte che lo aveva quasi sepolto nella neve.

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